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L'atto di vestizione ha costituito lavoro effettivo e comporta il riconoscimento del diritto a retribuzione

 
 
 
 
Le predette operazioni di vestizione/svestizione (e le operazioni di consegna), anche se correlate alla fase preparatoria, non erano lasciate alla libertà della lavoratrice, in quanto, in difetto della divisa indossata per l'intera durata del turno di lavoro, il datore di lavoro avrebbe potuto rifiutare la sua prestazione lavorativa. Quindi, il tempo impiegato per l'esecuzione di tali operazioni deve ritenersi strettamente funzionale all'esecuzione della prestazione lavorativa della ricorrente ed integra un'attività costituente corretto adempimento di un obbligo nascente dal rapporto di lavoro.
 

 
 
Tribunale Bari Sez. lavoro, Sent., 08-10-2020
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Bari, Eugenio Carmine Labella, nella presente controversia individuale di lavoro
 
tra V.R. -c.f.(...), con l'assistenza e difesa dell'avv. BRUNO ANTONELLO -c.f. (...);
 
-parte ricorrente-
 
e
 
A.B. -con l'assistenza e difesa dell'avv. SBARRA ETTORE -c.f. (...);
 
-parte resistente-
 
all'udienza dell'08/10/2020, al termine della discussione, ha emesso, ai sensi dell'art. 429 c.p.c., la seguente sentenza.
 
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
 
I. - Con ricorso depositato in data 13/01/2017 la ricorrente ha convenuto in giudizio dinanzi a questo ufficio giudicante l'A.B., rassegnando nei suoi confronti le seguenti conclusioni:
 
"1) Dichiarare e riconoscere che il tempo (mediamente pari a trenta minuti per ogni giorno di servizio) impiegato dalla ricorrente per indossare e dismettere la divisa (cd. tempo divisa o tempo tuta) e per passare le consegne al personale subentrante, rientra nell'orario di lavoro prestato alle dipendenze della azienda S. convenuta;
2) conseguentemente, dichiarare e riconoscere il diritto di V.R. di essere retribuita per l'attività di lavoro di cui al precedente n. 1);
3) per l'effetto, condannare la A.B. al pagamento delle differenze retributive maturate dalla ricorrente dalla data di assunzione e maturande nel prosieguo del rapporto di lavoro per le ore di lavoro indicate al precedente n.1): somme da determinarsi a mezzo di c.t.u. della quale si invoca, sin da ora, l'ammissione;
4) condannare l'ente convenuto a tenere indenne la lavoratrice dal maggior danno riveniente a suo carico dalla perdita del potere di acquisto della moneta, nonché al pagamento degli interessi legali maturati sulle somme rivalutate e maturandi sino all'effettivo soddisfo; 4) condannare l'ente convenuto alla rifusione delle spese e competenze del presente giudizio".
 
I.1. - A fondamento della sua domanda la ricorrente ha dedotto che lavorava alle dipendenze della Azienda S.L.B., presso il reparto di Pediatria e Neonatologia dell'Ospedale di Corato, in forza di rapporto di lavoro subordinato con decorrenza dal 23/07/2007; che espletava le mansioni di INFERMIERA con inquadramento nella categoria (...) del C.C.N.L. per il personale del comparto del S.S.N.; che osservava turni di lavoro da 6 a 10 ore ciascuno; che, in ragione delle mansioni espletate, era obbligata ad indossare per l'intera durata del turno lavorativo (dall'inizio alla fine di ciascun turno di servizio) indumenti di lavoro forniti dalla A.B. e tenuti presso i luoghi di lavoro; che, pertanto, obbligatoriamente subito prima dell'inizio del turno indossava i predetti indumenti di lavoro, che al termine del turno di servizio si toglieva di dosso. La ricorrente ha precisato che eseguiva le predette operazioni di vestizione/svestizione (rispettivamente subito prima dell'inizio e subito dopo la fine del turno lavorativo) presso l'apposito locale spogliatoio, messo dall'Azienda a disposizione dai lavoratori; che alla fine del turno lavorativo lasciava la divisa presso il medesimo locale dopo le operazioni di cambio turno con il collega subentrante. La ricorrente ha aggiunto che i suddetti indumenti sono inderogabilmente previsti anche dalle disposizioni in materia di sicurezza per la protezione dai rischi derivanti dallo svolgimento delle mansioni di competenza, ai sensi dell'art.2087 c.c. e D.Lgs. n. 81 del 2008; che il suo obbligo di attendere alle operazioni di vestizione e svestizione (subito prima dell'inizio e subito dopo il termine del turno lavorativo) presso i luoghi di lavoro, era intrinsecamente legato, oltre che alle disposizioni impartite per esigenze di sicurezza e salute per i lavoratori e di igiene verso gli utenti, all'organizzazione aziendale, in quanto, dovendo espletare l'intero turno di lavoro (dal primo all'ultimo minuto) con indosso i predetti indumenti di lavoro, doveva necessariamente giungere sul posto di lavoro alcuni minuti prima dell'inizio del turno per indossare presso il locale spogliatoio la divisa (ed eseguire le operazioni di consegna con il collega uscente) e doveva trattenersi necessariamente alcuni minuti dopo la fine del turno per togliersi di dosso la divisa (ed eseguire le operazioni di consegna con il collega subentrante) sempre presso il locale spogliatoio, dove la stessa divisa doveva essere lasciata a fine turno; che, pertanto, il tempo occorrente per queste operazioni di vestizione/svestizione (e per le operazioni di consegna) doveva essere retribuito, in quanto era ulteriore rispetto a quello corrispondente al suo turno di servizio e non altrimenti defalcabile dal tempo di lavoro attivo; che la A.B. non aveva, né per il periodo dedotto in causa né per quello precedente, retribuito il tempo normalmente occorrente per le predette operazioni come tempo di lavoro; che a tale titolo (operazioni di vestizione/svestizione in relazione a ciascun turno di servizio osservato dalla data di assunzione) aveva maturato il diritto alle corrispondenti differenze retributive in conformità al C.C.N.L. del personale del Comparto S.S.N. e al suo livello di inquadramento.
 
II. - Ritualmente costituitasi in giudizio, la A.B. ha contestato l'assunto difensivo di parte ricorrente, chiedendo il rigetto della domanda, in quanto infondata in fatto ed in diritto.
 
II.1. - In particolare, l'Azienda S. convenuta ha sostenuto che, pur avendo sicuramente messo a disposizione della dipendente quanto occorrente per l'espletamento della sua mansione a titolo di abbigliamento tecnico ed al fine di prevenire infortuni e/o infezioni legate al ruolo svolto, non aveva mai imposto né luoghi, né termini e tempi entro cui eseguire le ridette operazioni; sicché l'attività di vestizione oggetto di causa doveva essere ricondotta al concetto di diligenza preparatoria che concorre a qualificare l'obbligazione principale e che, come tale, non postula alcun corrispettivo economico ulteriore rispetto a quello pattuito per la prestazione lavorativa nel suo complesso. In via subordinata l'A. convenuta ha eccepito la prescrizione quinquennale per i crediti retributivi maturati prima del 25/01/2012, tenuto conto della data di notificazione (eseguita il 25/01/2017) dell'atto introduttivo del presente giudizio (costituente il primo ed unico atto interruttivo del decorso del termine prescrizionale).
 
III. - La domanda attorea è parzialmente fondata e, pertanto, deve essere accolta per quanto di ragione sulla base delle argomentazioni di seguito esposte.
 
III.1. - La giurisprudenza di legittimità con orientamento ormai consolidato e che non si ha ragione di disattendere Cass. Sezione Lavoro, Ordinanza n.17635/2019 ud. 18/04/2019 dep. 01/07/2019 ha statuito in questo ambito, esaminando un'ipotesi sostanzialmente sovrapponibile a quella oggetto del presente giudizio.
 
Il caso è, appunto, quello di lavoratori dipendenti dell'A., in favore dei quali era stato riconosciuto il diritto alla retribuzione del tempo impiegato per indossare e dismettere la divisa, trattandosi di attività obbligatoria, accessoria e propedeutica alla prestazione di lavoro.
 
III.2. - Condividendosi le argomentazioni in diritto enunciate dalla giurisprudenza di legittimità, occorre innanzitutto evidenziare che, nel caso in esame, l'Azienda S. convenuta non ha contestato le seguenti circostanze di fatto: la ricorrente doveva espletare la sua attività lavorativa con indosso gli indumenti di lavoro per l'intera durata del turno lavorativo (dal primo all'ultimo minuto); i predetti indumenti di lavoro erano stati messi a disposizione dei lavoratori dipendenti dalla parte datoriale; le operazioni di vestizione/svestizione dovevano essere eseguite presso la sede di lavoro (pag.3 della memoria difensiva).
 
Invece, la contestazione sollevata dalla Azienda S. in merito alla circostanza che la ricorrente, come gli altri dipendenti, dovessero procedere alle "operazioni di vestizione... dopo la registrazione dell'entrata e prima della registrazione dell'uscita, in modo che il tempo necessario rientri nel turno e quindi rientri nella retribuzione ordinaria" è smentita dalle prove documentali offerte dalla difesa di parte ricorrente, di cui si dirà più avanti (si vedano i Cartellini Presenze da aprile 2014 a settembre 2016 - all.2 del fascicolo di parte ricorrente).
 
III.3. - Pertanto, ai fini della decisione della presente controversia si ritiene che la ricorrente, come gli altri dipendenti, era tenuta ad avere indosso per l'intera durata del turno di lavoro la divisa lavorativa (dal primo all'ultimo minuto) fornita dall'Azienda S. resistente e che le operazioni di vestizione/svestizione (e operazioni di consegne) erano necessariamente eseguite presso la sede di lavoro.
 
III.4. - Ciò premesso in punto di fatto è evidente, oltre che pacifico tra le parti, che il personale dipendente doveva necessariamente indossare e dismettere la divisa di lavoro negli stessi ambienti dell'Azienda S. convenuta per intuibili ragioni di igiene; che tali operazioni erano eseguite, prima dell'entrata e dopo l'uscita dai relativi reparti, rispettivamente, prima e dopo l'inizio e la fine dei corrispondenti turni di lavoro.
 
III.5. - Alla luce dei principi affermati dalla S.C. - secondo cui ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo per indossare la divisa stessa (e quindi anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa e come tale non deve essere retribuita; mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina tempo e luogo di tale attività, il tempo occorrente per assolverla rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza questo tempo deve essere necessariamente retribuito - è possibile affermare che, nel caso in esame, la ricorrente ha diritto alla retribuzione del tempo impiegato ("tempo divisa") alle operazioni di vestizione/svestizione, in quanto queste operazioni risultano eterodirette dal datore di lavoro e, di conseguenza, il tempo occorrente per tali operazioni ha costituito lavoro effettivo.
 
III.5.1. - In particolare, l'eterodirezione delle predette operazioni di vestizione/svestizione da parte del datore di lavoro emerge in via implicita, atteso che, da un lato, gli indumenti di lavoro forniti dalla parte datoriale (in ragione alla loro specifica funzione imposta dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene in relazione alle mansioni espletate) non potevano essere indossati all'esterno dell'ambito lavorativo e, dall'altro, le operazioni di vestizione/svestizione (e corrispondenti operazioni di consegna) dovevano essere eseguite necessariamente prima dell'inizio e dopo la fine del turno lavorativo, in quanto era obbligatorio indossare per l'intera durata del turno di lavoro i predetti indumenti lavorativi.
 
Di conseguenza, l'atto di vestizione ha costituito lavoro effettivo e comporta il riconoscimento del diritto a retribuzione.
 
III.5.2. - In altri termini, le predette operazioni di vestizione/svestizione (e le operazioni di consegna), anche se correlate alla fase preparatoria, non erano lasciate alla libertà della lavoratrice, in quanto, in difetto della divisa indossata per l'intera durata del turno di lavoro, il datore di lavoro avrebbe potuto rifiutare la sua prestazione lavorativa. Quindi, il tempo impiegato per l'esecuzione di tali operazioni deve ritenersi strettamente funzionale all'esecuzione della prestazione lavorativa della ricorrente ed integra un'attività costituente corretto adempimento di un obbligo nascente dal rapporto di lavoro.
 
III.6. - Né potrebbe obiettarsi il difetto di prova a carico della parte ricorrente in ordine all'effettiva esistenza di puntuali disposizioni dell'Azienda (Regolamento disciplinante l'orario di lavoro, specifiche disposizioni di servizio).
 
III.7. - Al riguardo, si riportano in termini integrali le argomentazioni esposte dalla predetta decisione della Suprema Corte di Cassazione Cass. Sezione Lavoro, Ordinanza n.17635/2019 ud. 18/04/2019 dep. 01/07/2019 pure richiamata dalla recente Ordinanza n.8623/2020:
 
"6. in questa sede va data continuità ai precedenti specifici di questa Corte (v. Cass. 11 febbraio 2019, n. 3901; Cass. 24 maggio 2018, n. 12935; Cass. 22 novembre 2017, n. 27799) nei quali si è affermato che: - le attività di vestizione/svestizione attengono a comportamenti integrativi della obbligazione principale e funzionali al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria; - trattasi di attività che non sono svolte nell'interesse dell'Azienda ma dell'igiene pubblica e, come tali, esse devono ritenersi implicitamente autorizzate da parte dell'Azienda stessa; - per il lavoro all'interno delle strutture sanitarie, anche nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo di vestizione e svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo tale obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto;
 
6.1. tali affermazioni non si pongono in contrasto con il principio di cui a Cass. 7 giugno 2012, n. 9215, secondo cui, nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario a indossare l'abbigliamento di servizio ('tempo-tuta') costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l'attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell'obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad autonomo corrispettivo (principio ribadito anche da Cass., Sez. Un., 16 maggio 2013, n. 11828);
 
6.2. ed infatti il più recente orientamento rappresenta uno sviluppo del precedente indirizzo (del tutto in linea con il principio) ed una integrazione della relativa ricostruzione, ponendo l'accento sulla funzione assegnata all'abbigliamento, nel senso che l'eterodirezione può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa ma anche risultare implicitamente dalla natura degli indumenti - quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell'abbigliamento - o dalla specifica funzione che devono assolvere e così dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto (si vedano anche Cass. 28 marzo 2018, n. 7738 e Cass. 26 gennaio 2016, n. 1352);
 
6.3. pur con definizioni non sempre coincidenti, essendosi fatto riferimento, in alcuni casi al concetto di 'eterodirezione implicita', in altri all'obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, discendente dall'interesse all'igiene pubblica, in altri ancora all'esistenza di 'autorizzazione implicita', l'orientamento della giurisprudenza di legittimità è, dunque, saldamente ancorato al riconoscimento dell'attività di vestizione/svestizione degli infermieri come rientrante nell'orario di lavoro e da retribuire autonomamente, qualora sia stata effettuata prima dell'inizio e dopo la fine del turno;
 
6.4. tale soluzione, del resto, è stata ritenuta in linea con la giurisprudenza comunitaria in tema di orario di lavoro di cui alla direttiva n. 2003/88/CE (Corte di Giustizia UE del 10 settembre 2015 in C-266/14; v. Cass. n. 1352/2016 cit. alla quale si rinvia per ulteriori approfondimenti sul punto);
 
7. sugli esposti principi non incidono le censure svolte in questa sede sotto il profilo del difetto di prova dell'esistenza di puntuali disposizioni dell'Azienda (Regolamento disciplinante l'orario di lavoro, specifiche disposizioni di servizio);
 
7.1. ciò che rileva, come evidenziato nei precedenti citati, è unicamente che le attività preparatorie di cui trattasi siano state svolte all'interno dell'orario di lavoro - e come tali retribuite - o piuttosto, come accertato dalla sentenza impugnata, in aggiunta ed al di fuori dell'orario del turno, dovendo in tal caso essere autonomamente retribuite;
 
...
 
9. con riguardo, poi, alle invocate norme, di legge e di contratto collettivo, relative alla disciplina del lavoro straordinario, si è già evidenziato che si tratta di attività che, in quanto svolte nell'interesse del servizio pubblico oltre che a tutela dell'incolumità del personale addetto, devono ritenersi implicitamente autorizzate dall'Azienda (v. Cass. n. 27799/2017 cit., in motivazione) ed anzi da essa imposte, potendo in mancanza l'Azienda rifiutare di ricevere la prestazione; dette attività avrebbero dovuto, pertanto, essere comprese all'interno del debito orario".
 
III.8. - Pure infondata è la ricostruzione della vicenda lavorativa in questione offerta dalla difesa della A. resistente sotto il profilo dell'asserito effettivo conteggio in favore della ricorrente dell'intero periodo di lavoro rilevabile attraverso le timbrature, in quanto è frutto di una errata lettura delle risultanze dei cartellini marcatempo prodotti dalla difesa di parte ricorrente (pag.4 della memoria difensiva).
 
In verità dall'esame dei Cartellini Presenze (prodotti dalla difesa di parte ricorrente per il periodo da aprile 2014 a settembre 2016) si evince che, con la sola eccezione del SALDO negativo (riportato allorquando tra la timbratura in entrata e quella in uscita era intercorso un numero di ore inferiore a quello corrispondente al turno assegnato e quindi al numero di ore dovute), le ore di lavoro riconosciute come servizio effettivamente espletato corrispondono a quelle del turno lavorativo assegnato alla ricorrente a prescindere dall'orario di ingresso e da quello di uscita (maggiore e) rilevato attraverso il cartellino marcatempo. A titolo esemplificativo si veda il cartellino del mese di aprile 2014: 03 aprile 2014: entrata: ore 05:46; uscita: ore 14:19; Turno "Dovuto": 8 ore; Totale tempo lavorato riconosciuto come "Reso": 8 ore (in luogo di 8 ore e 33 minuti rilevabili dalle timbrature); 4 aprile 2014 entrata: ore 13:50; uscita: ore 22:12; Turno "Dovuto": 8; Totale tempo lavorato riconosciuto come "Reso": 8 ore (in luogo di 8 ore e 22 minuti rilevabili dalle timbrature) e così di seguito.
 
III.9. - Passando alla determinazione del criterio utile ai fini della quantificazione del credito spettante alla ricorrente, si ritiene congrua una quantificazione in via equitativa del tempo impiegato per tali operazioni nella misura pari a 15 minuti per la vestizione e 15 minuti per la svestizione.
 
III.9.1. - Al riguardo, può farsi applicazione, in via equitativa, delle disposizioni contrattuali contenute nell'art. 27, comma 11, del CCNL del 21/05/2018 relativo al personale del comparto Sanità, che prevedono: "Nei casi in cui gli operatori del ruolo sanitario e quelli appartenenti a profili del ruolo tecnico addetti all'assistenza, debbano indossare apposite divise per lo svolgimento della prestazione e le operazioni di vestizione e svestizione, per ragioni di igiene e sicurezza, debbano avvenire all'interno della sede di lavoro, l'orario di lavoro riconosciuto ricomprende fino a 10 minuti complessivi destinati a tali attività, tra entrata e uscita, purché risultanti dalle timbrature effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere.
 
Nelle unità operative che garantiscono la continuità assistenziale sulle 24 ore, ove sia necessario un passaggio di consegne, agli operatori sanitari sono riconosciuti fino ad un massimo di 15 minuti complessivi tra vestizione, svestizione e passaggi di consegne, purché risultanti dalle timbrature effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere" (allegato alle note autorizzate trasmesse in data 10/01/2019).
 
III.9.2. - Inoltre, come accordo di maggior favore è possibile applicare, sempre in via equitativa, la Delibera A.B. datata 14/12/2017, nella parte in cui la A.B. ha fissato nella misura di 15 minuti in entrata e in uscita il tempo occorrente per le operazioni di vestizione e svestizione, facendolo rientrare nell'orario di lavoro (allegata alle note autorizzate trasmesse in data 10/01/2019).
 
III.10. - Pertanto, in difetto di specifica contestazione del conteggio Cass. Sez. Lav., Sentenza n. 4051 del 18/02/2011 (Rv. 616001 - 01) trasmesso in via telematica il 10/01/2019 in allegato alle note autorizzate, la Azienda S. convenuta deve essere condannata a pagare in favore della ricorrente la somma complessiva di Euro 6.071,43 per il periodo dal mese di gennaio 2012 al mese di dicembre 2017, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria (non cumulabili tra di loro trattandosi di credito di lavoro nell'ambito del pubblico impiego) con decorrenza dalla data di maturazione di ciascun credito e sino al soddisfo.
 
III.11. - In merito al predetto conteggio occorre evidenziare che la difesa di parte ricorrente ha tenuto conto (correttamente) della eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dalla difesa dell'A. resistente, che questo giudicante ritiene fondata atteso che non è stato prodotto alcun atto interruttivo del decorso del termine prescrizionale anteriore rispetto all'atto introduttivo del presente giudizio (notificato nel mese di gennaio del 2017).
 
IV. - Le spese seguono la soccombenza e vanno poste, quindi, a carico della Azienda S. convenuta.
 
La liquidazione, affidata al dispositivo che segue, è effettuata sulla scorta dei parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, pubblicato in G.U. n. 77 del 02/04/2014, entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione (come previsto dall'art. 29 dello stesso d.m.) e le cui disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore (art. 28 d.m. cit.). Per la determinazione del compenso si ha riguardo ai valori medi previsti dalle tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014 in relazione alla tipologia di causa (procedimento in materia di lavoro), al valore della controversia (Euro 5.200-26.000) e alle fasi in cui si è articolata l'attività difensiva espletata nel presente giudizio (e quindi senza fase istruttoria). Considerati i parametri generali di cui all'art. 4 D.M. citato, nonché la serialità del contenzioso, concernente moltissimi lavoratori per la gran parte difesi dallo stesso procuratore, con conseguente piena sovrapponibilità delle questioni di fatto e di diritto oggetto del contendere, appare congrua una riduzione del 75% rispetto al valore medio (Euro 4.015,00), consentita dal D.M. n. 55 del 2014 laddove prevede che la riduzione sia "di regola" fino al 50% (art. 4 comma 1), così non escludendo che la riduzione possa anche essere maggiore.
 
P.Q.M.
disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione così definitivamente provvede:
 
- accoglie la domanda per quanto di ragione e, per l'effetto, dichiarato il diritto della parte ricorrente per il periodo dal mese di gennaio 2012 al mese di dicembre 2017 alla retribuzione del tempo occorrente per le operazioni di vestizione/svestizione quantificato, in via equitativa, in 15 minuti in entrata e in uscita, condanna la Azienda S. convenuta a pagare in favore della parte ricorrente l'importo di Euro 6.071,43, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria (non cumulabili tra di loro) con decorrenza dalla data di maturazione di ciascun credito e sino al soddisfo;
 
- condanna altresì la Azienda S. convenuta a pagare le spese processuali sostenute dalla parte ricorrente, che liquida in Euro 1.005,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, CAP ed IVA come per legge.
 
Così deciso in Bari, il 8 ottobre 2020.
 
Depositata in Cancelleria il 8 ottobre 2020.